MACHECHIARA

machechiara

Una settimana dopo che ha compiuto tre anni, partiamo per le nostre vacanze in montagna.  Basta mare, quest’anno cerchiamo un po’ di pace.

Arrivati in quel posto meraviglioso che è l’Alpe di Siusi notiamo subito che tutti, anche le famiglie con bambini, sono molto più rilassati.  E così anche noi, da subito, riacquistiamo la nostra serenità persa dopo gli innumerevoli affondi della vita quotidiana, da una parte per la monotonia senza scampo del suo tran tran e, dall’altra, per gli imprevisti indisponenti del mondo del lavoro.

Dopo due giorni di idillio, dopo aver quasi raggiunto il nirvana, ecco che, a disturbare la vita pacifica del neo-treenne, arriva Machechiara (Mariachiara).  L’albergo ci aveva riservato un tavolo in una saletta che ne contiene appena quattro e, quella sera, il tavolo davanti al nostro viene occupato da una famigliola genovese composta da mamma, papà e figlia sedicenne.  Quest’ultima è visibilmente seccata dalla situazione (in-vacanza-con-i-genitori-a-16-anni!) e durante la cena non fa altro che giochicchiare col cellulare.  Vediamo l’inizio della fine della tranquillità serale nei gesti del nostro piccolo: occhi sbarrati che la fissano per dieci lunghi minuti e, in seguito, un’imitazione accurata dell’utilizzo del mezzo di comunicazione nonché dell’espressione facciale comprensiva di ripetuto allontanamento dei capelli dagli occhi.  Nonostante i nostri rimproveri, poco dopo è seduto sulla panca di legno che unisce i nostri due tavoli, a metà strada tra me e lei, e la osserva.  Lei comincia a sorridergli, contenta del diversivo.

E’ fatta.

Ad ogni sguardo sale la concitazione e, cercando un approccio non troppo diretto, si procura due cuscini, si sdraia sulla panca (con il viso rivolto verso di lei) e, a poco a poco, si avvicina.  E’ un ometto all’antica per cui, come prima serata, si accontenta di appoggiare i cuscini sulla panca, contro le gambe di lei.  Intanto abbiamo modo di fare due chiacchiere con i genitori che ci assicurano che non sono infastiditi, anzi tutt’altro.

La sera successiva l’aspirante Romeo arriva a mettere un solo cuscino sulle gambe di “Machechiara”, ad appoggiare la testa e a farsi accarezzare i capelli.  Dalla sera seguente comincia un carosello che è stato inevitabilmente interrotto dalla nostra partenza.  Le parla, ci scherza, le fa il solletico, si fa fare il solletico, appoggia la testa direttamente sulle sue gambe, si fa dare un bacino e le dà un bacino sulla guancia.

Poi passa ai genitori.  Chiacchiera con loro, abbraccia e bacia la mamma, porta le sue macchinine sul loro tavolo e spiega che lui guida, “Machechiara” sta di fianco a lui e la mamma e il papà di lei stanno dietro.

Noi, chiaramente, siamo spettatori increduli, allibiti, un po’ orgogliosi e a tratti imbarazzati.

Ma i nostri amici genovesi non sono affatto contrariati e, anzi -galeotto fu il colpo di fulmine- nasce una simpatica frequentazione.  Una di quelle per cui parli di tutto per un paio d’ore per quattro/cinque giorni di seguito, arrivi a conoscerti quasi come se fossimo stati amici di vecchia data e poi…  E poi niente, la mattina della partenza ci salutiamo, ci facciamo gli auguri per una serena vita e basta, niente scambio di indirizzi o di numero di cellulare.  Se il destino vorrà potremo incontrarci di nuovo qui…

Ma torniamo al nostro Casanova.

Ogni giorno che passa, l’ingresso di “Machechiara” nel suo campo visivo viene salutato da gridolini sempre più acuti e persistenti, da corse forsennate attorno ai tavoli, dal dirle che è “una Chiara ben vestita”, dal prendere per mano la sua nuova amica e trascinarla fuori dalla saletta per giocare insieme, insomma, da una gioia incontenibile!  Intanto passa dal raccontarci che “Machechiara è mio amico” a “Machechiara è il mio amore”.

Accidenti che precocità!

Date queste premesse temo di dover assistere, al momento della partenza, ad una scena degna di una tragedia greca.  Comincio quindi a dirgli che di lì a poco saremmo tornati a casa e che Mariachiara sarebbe tornata alla sua.  Sembra non concepire la cosa.  Pazienza, affronteremo il tutto a suo tempo.

Arrivato il momento fatidico, dopo che noi abbiamo salutato il trio, lui dà un bacino a “Machechiara”, uno alla mamma, uno al papà, poi corre fuori dalla sala e, con un sorriso soddisfatto, ci dice: “Andiamo a casa!”.

2 pensieri su “MACHECHIARA

  1. Pingback: L’uomo dei cuscini – Attorno al Lago

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