Incontri

7 gennaio 2023

Dopo essere stata a camminare nel primissimo pomeriggio con Faccio-io, ritorno nuovamente fuori verso sera per un’ulteriore camminata. In realtà l’idea è quella di provare a correre. Sono passati diversi mesi dall’ultima volta che ho corso e nel frattempo la mia forma fisica già inesistente è ulteriormente peggiorata. Quindi ho approfittato dell’uscita precedente per valutare la possibilità di correre su questo tratto di sentiero che forma un anello, cosa che mi permetterà – più poi che prima – di percorrere più giri rimanendo comunque vicino a casa. Di solito corro sulla strada perché, anche se l’asfalto mette a dura prova le articolazioni, il fondo regolare fa spendere meno energie. Mi è venuto in mente di scegliere questo percorso qualche giorno fa mentre mi trovavo qui a camminare e un tizio mi ha superato due volte correndo. Ho pensato che fosse un’ottima idea per vari motivi. Prima di tutto perché in questo modo nessuno – o quasi – mi vede correre. Meglio così. Vedere una che corricchia e sembra che stia per lasciarci le penne ad ogni falcata non è un bello spettacolo. Poi c’è il discorso del fondo. È vero che bisogna prestare più attenzione ai sassi, alle buche, ai rami, ma la terra e l’erba ammortizzano molto meglio dell’asfalto. Infine non ci sono automobili: niente smog e niente pericolo di essere investita.

Parto quindi molto decisa e carica, percorro qualche centinaio di metri camminando per riscaldarmi e poi, raggiunto l’anello, comincio a correre. La mancanza di allenamento si fa sentire, ma in fin dei conti riesco a prendere il mio ritmo. Molto molto lento, ma comunque regolare. Il percorso ha un po’ di saliscendi, ma non esagerati, passa attraverso una piana che in estate è coltivata a frumento, devia sotto un’appostamento fisso di caccia e poi entra in discesa nel bosco. Mi trovo qui quando scorgo un movimento tra gli alberi, qualcosa di nero che corre. Penso al solito cane senza guinzaglio e, per esperienza, smetto di correre cercando con gli occhi il padrone che ha lasciato la belva libera. Ma aspetta, non è uno, sono quattro! E non sono cani, sono cinghiali! Grossi! E corrono in salita verso di me! Istintivamente mi avvicino al primo albero che incontro e – mentre penso una cosa del tipo “oh oh sono nei guai” anche se forse era più simile a un “oh porca miseria” o forse a un “oh ca@@o!” – il primo cinghiale mi vede, lancia un forte grugnito e il gruppo si separa. Due continuano a correre nella boscaglia sotto di me e due attraversano il sentiero tre o quattro metri davanti a me e proseguono nella boscaglia che sta alla mia sinistra. Chiudo la bocca che nel frattempo si era spalancata, riporto gli occhi nelle orbite e… che faccio? Mi rimetto a correre. E intanto che corro realizzo che quel povero alberello a cui mi sono avvicinata, esile e senza rami bassi per aggrapparsi, avrebbe fatto ben poco per proteggermi. Non mi ci potevo nemmeno nascondere dietro.

Ogni tanto lancio un’occhiata tra gli alberi, ma mi convinco che ormai sono andati. Forse stavano già scappando, poi mi hanno visto e hanno cambiato strada. Quindi posso stare tranquilla, no? Mah! Adesso sto passando in un punto dove il sentiero è molto stretto e delimitato da una parte dall’argine e dall’altra da un groviglio di rovi. E se li avessi incontrati qui? Nonostante stia andando in salita mi metto a correre più velocemente, come se all’improvviso avessi recuperato la mia migliore forma fisica. Tra il serio e il faceto penso che ho trovato il mio personal trainer ideale: un cinghiale attaccato al… alla schiena!

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