Ho uno zio che abita a tre chilometri da casa mia e che non vedo mai. Fino a qualche anno fa frequentava la famiglia, poi un bel giorno deve aver deciso che ne aveva abbastanza e -bum- è sparito. O meglio, lui è sempre qui in giro ma non mi è più capitato di incontrarlo, nemmeno per caso.
Ovviamente potrei andare a trovarlo a casa (e a dire il vero i primi tempi lo facevo), ma in fin dei conti non vuole essere trovato, quindi…
Motivo? Ignoto.
Lo zio eclissato è sempre stato appassionato di motori: automobili, kart, deltaplani (a motore) e soprattutto motociclette. Quando ero una bambina e passavo le mie giornate dalla nonna Teresa, ricordo perfettamente che al passaggio di ogni ambulanza lei si rabbuiava e puntualmente recitava la stessa frase: “Non sarà mica Massimo?”. Non le è mai passato per la mente che potesse trattarsi di uno degli altri due figli.
In uno dei miei flash infantili, vedo un pranzo di Pasqua a casa della nonna. Era il 1983 e avevo sei anni e mezzo. Attorno alla tavola c’erano i miei genitori, la nonna e i due zii con le rispettive morose. Nessun cugino in vista, per il momento. E lo zio eclissato, seduto a capotavola, cantava ridacchiando “Voglio una vita spericolata” di Vasco Rossi. E continuava, continuava, continuava per tutto il pranzo. Non era il tipo che andava in giro a cantare, anzi, ma quella canzone se la sentiva cucita addosso.
Anni dopo, quando ampiamente maggiorenne mi comprai la prima moto -riuscendo a superare i miei dubbi, le mie incertezze, il mio senso di inadeguatezza e l’opposizione e il contrasto genitoriale- andai subito a farla vedere allo zio.
La sua reazione non fu delle migliori, ma nemmeno la mia moto lo era. Anzi, pensandoci ora, quella sottospecie di endurino 125 era proprio brutto! A sua discolpa si può dire che ha svolto un ottimo lavoro e mi ha permesso di capire qual’era la moto adatta alle mie esigenze.
Quel giorno lo zio non voleva offendermi, ma non ci girò intorno molto: la mia motoretta non gli piaceva.
“Quanto fa?”
Cavolo, zio, è un 125 enduro con delle ruote estremamente tacchettate ed enormi, quanto vuoi che faccia? Va più veloce di una bici, ecco, e forse di un cinquantino truccato!
Invece gli dissi: “Eh, ho provato a tirarla in tangenziale ed è arrivata a 117/118 km/h. Poi c’era traffico e non so, magari può fare di più…”
“Ma sentivi che poteva andare ancora o era già al massimo?”
Zio, parliamone. E’ un endurino che a 70 km/h è meglio di una pedana vibrante. Dopo mezz’ora di guida perdi completamente la sensibilità di mani e piedi. Cosa avrà mai potuto fare di più? I 120?
“Non lo so…”
“Ma quando metti la quinta, senti la moto che spinge oppure no?”
Zio, cazzarola! Per quanto lo giri o lo pirli, rimane sempre quello che è: uno schifosissimo 125 enduro con uno pneumatico posteriore abnorme e tremendamente tacchettato. Non sarà mai una moto da strada. O da corsa. O per correre. Ma a te non piacevano le moto da cross?
“Eh no. Direi che è difficile che viaggi più di così.”
“Ah!”
Delusione. La moto era brutta e pure poco performante. Un ammasso di ferraglia inconcepibile ai suoi occhi.
Poco tempo dopo ebbe l’occasione di farmi vedere il 125 che aveva comprato per il figlio maggiore. Certo, quella era una vera moto da cross. Circolava su strada, ma con i dovuti accorgimenti si poteva guidare in pista. L’aveva comprata proprio per questo.
Dato che il cugino doveva impratichirsi, scoccò la proposta: “Perché non andiamo tutti e tre a farci un giro, una sera durante la settimana?”.
E fu così che, in quell’estate ormai lontana, trascorsi alcune serate con questa insolita compagnia. Lo zio davanti col Vespone, che sceglieva la strada e dettava il ritmo, io in mezzo e dietro il neo sedicenne. Gli itinerari erano preferibilmente bui e zeppi di tornanti. Io ero ancora piuttosto impacciata, ma le prime volte lo era anche mio cugino, così contavo sul fatto che non si notasse. Poi il cugino cominciò a capire come funzionava e ad ogni tornante me lo ritrovavo incollato alla ruota posteriore.
“E’ proprio come dici tu” dava ragione al padre “Quando curvo in discesa, se mi sposto in avanti il più possibile sulla sella e piego la moto, riesco a seguire una traiettoria perfetta e ad essere più veloce!”
Ah, davvero? Ci provai e riprovai, ma con la mia le cose non funzionavano così!
Intanto, però, trascorrevo delle serate al fresco -a volte per me era troppo fresco!- su e giù per la Valtenesi e le prealpi lacustri. Avvolti nel rumore dei nostri motori, ma necessariamente in silenzio, ci inoltravamo in strade così buie che stentavo a riconoscerle. Ad un certo punto ci si fermava per una bibita o un gelato e due chiacchiere sulle sensazioni, sulle moto, sugli itinerari appena percorsi.
Dopodiché indossavamo giubbotto, casco e guanti ed eravamo pronti per tornare. Di nuovo avvolti nella fresca coperta della notte estiva e accompagnati dalle nostre solitudini. Mentre vedevo aumentare i chilometri percorsi, speravo che la moto non mi lasciasse a piedi. Perché, diciamolo, non era nemmeno una campionessa di “autonomia”. Non aveva l’indicatore del livello della benzina, quindi ogni volta che facevo il pieno dovevo ricordarmi di azzerare il contachilometri. Poi ovviamente il consumo dipendeva dal tipo di percorso e dallo stile di guida. Inutile specificare che stare dietro allo zio mi faceva consumare un sacco di energie e di carburante!
Incominciai a capire -anche in seguito a qualche altra disavventura- che avrei apprezzato molto di più una moto stradale e, nel giro di pochi anni, individuai e comprai la prediletta, di cui sono ancora profondamente innamorata!
Come da copione, andai a farla vedere allo zio.
Zio! Questa è una moto vera! Di un blu folgorante! Quando sono in sella abbraccio tutta la sua potenza e mi sembra di domare un cavallo selvaggio! E non vibra!
“Quanto fa?”
Zio, ancora?
“Mah, non so, è in rodaggio e non l’ho ancora tirata. Considera, però, che è un 500 tranquillo, da passeggiata…”
“Ah…”
“Hai visto? Ho messo il bauletto, così posso utilizzarla per fare qualche viaggio!”
“Eh, ma così hai rovinato l’estetica della moto. Peccato…”
Certo che non te ne va bene una!
Non ci fu, in questo caso, alcuna proposta di scampagnata. Mi liquidò, anzi, con un “La tua moto va troppo veloce per il mio Vespone”.
Ma non avevi appena finito di criticarla?
Ad ogni buon conto, lui poco dopo sparì…
Ho trovato qualcuno che scrive quanto me….iuhhhuuuuuu
"Mi piace"Piace a 1 persona
Mi è piaciuto molto il tuo blog, ben scritto, emozionante. Ma ho dato una scorsa veloce, in effetti devo trovare il tempo per leggerlo per bene;))))
"Mi piace""Mi piace"
Grazie…tranquilla anch’io ho poco tempo….col tempo faremo tutto😘
"Mi piace"Piace a 1 persona
Pingback: Fine della quarantena – Attorno al Lago