16-17/07/2011
Partiamo un sabato pomeriggio: chiudiamo casa nel caldo afoso di metà luglio e saliamo in auto. Ho appena finito di stivare una bottiglia di rosso nello zaino. Volevo portarne due, ma proprio non ci sta più uno spillo.
E come pesano questi zaini!
D’altronde tra cibo, acqua, sacchi a pelo, materassini, tenda, picchetti, macchina fotografica e cavalletto non poteva essere altrimenti. Sono riuscita ad aggiungere a malapena un quadernetto e una biro. So già che l’avventura che ci aspetta sarà di quelle che lasciano il segno. Sarà di quelle che ci piacerà ricordare e che racconteremo per anni.
L’appuntamento con gli amici è a Toscolano e da lì, poi, saliamo a Gaino e ci inoltriamo in una stradina sterrata che sembra proseguire all’infinito. Lasciamo la macchina in località Palazzo Archesane, ci mettiamo gli zaini in spalla e partiamo!
Siamo tutti molto appesantiti dal bagaglio. La nostra amica Uschi si è addirittura legata una griglia (per cucinare le salamine) all’esterno dello zaino.
Il cielo è limpido, l’aria rovente, lo spirito leggero. Passiamo le due ore e mezza seguenti a chiacchierare e camminare, camminare e chiacchierare. E così, un passo dietro l’altro, la nostra meta si avvicina. Poco sotto la vetta del Pizzocolo ci carichiamo della legna necessaria a cuocere la cena. Ognuno di noi porta qualcosa, a seconda delle proprie possibilità.
Gli ultimi metri sono sempre quelli più faticosi e, nella mia immaginazione, è come se arrivassi alla vetta (o ad un campo base) dell’Himalaya! Forse ultimamente ho letto troppi libri di Messner e di Diemberger. Lo so, non c’è la stessa fatica, ma per me è come raggiungere quell’obiettivo. Un’avventura sempre sognata, ma che non ho mai pensato di poter realizzare. Invece, eccoci qua! E adesso siamo arrivati al bivacco “Due Aceri”.
Non c’è nessuno, quindi prendiamo possesso del soppalco per passare la notte. Unico problema: il posto è per cinque e noi siamo in sette! Ma io e Valter abbiamo la nostra tenda che montiamo celermente nell’unico spiazzo presente davanti al bivacco.
Ci cambiamo le magliette sudate di felicità e le appendiamo ad asciugare. Sembrano le bandiere di preghiera tibetane. Questo è davvero il mio Tibet!
Prima di cena facciamo una breve escursione sulla vetta, poi torniamo in fretta nella nostra tana e accendiamo il fuoco. L’amicizia ad alta quota acquisisce ancora più gusto, come il vino. Celebriamo il piacere di stare insieme con una piccola grigliata, con la bottiglia di rosso e con un pacchetto di biscotti. Siamo tutti felici, abbiamo lasciato a valle le preoccupazioni e la vita di tutti i giorni.
Verso le dieci di sera è arrivato il momento tanto atteso. Saliamo sulla cresta ad ammirare il panorama. Indossiamo la pila frontale, ma quasi non serve: la luna piena rischiara il nostro cammino e protende una bianca mano sul lago sottostante. Milioni di stelle tempestano il cielo e milioni di lucine punteggiano la terra. L’aria è calda e limpida, si vedono anche dei fuochi d’artificio. Il silenzio è quasi surreale per le mie orecchie abituate al mondo “civile”.
Mi metto a scattare qualche fotografia. Al cielo. Alla luna. Al lago. Sono in estasi, non avrei mai pensato di poter vivere una tale emozione. Se non fossi così felice, mi metterei a piangere!
Le fotografie sono bellissime, sembrano dei quadri. Cento, duecento scatti. Quanti ne ho fatti?
Non so.
Comincio ad avere freddo.
Torno un attimo in me e scopro di essere sola. Sono andati tutti a dormire. E’ tutto ancora più bello! Mi sento privilegiata: in cima al mondo e ad un passo dal cielo. Immersa nel nulla e avvolta da questa notte magica.
Illumino i miei passi fino alla tenda, ma decido che è troppo presto per andare a dormire. In questo momento è tutto perfetto e ho voglia di godermi questa esperienza il più a lungo possibile. Rimango seduta, qui fuori, in mia compagnia per un tempo indefinito. Voglio riempire i miei occhi con questa luna, con questo lago, con tutte queste stelle. Tiro fuori dallo zaino il taccuino e la biro e scrivo una poesia. Le parole scivolano veloci e facili sulla carta bianca.
E’ quasi l’una.
Fa freddo.
E’ così strano, a casa staremmo boccheggiando dal caldo. Mi devo costringere ad andare a dormire. Saluto questa visione celestiale, entro nella tenda e poi nel sacco a pelo. Non riesco a prendere sonno. Non mi sembra vero di aver vissuto una notte così unica. E poi, sì, non riesco a prendere sonno per via dei sassi. Li sento tutti, sotto la mia schiena. Ma che importa? E’ tutto meraviglioso! La vita è meravigliosa! Morfeo mi prende mentre un sorriso appagato è stampato sul mio viso.
La mattina seguente ci svegliamo in un altro luogo: siamo immersi nelle nuvole. Non si vede il cielo. Non si vede il lago. La meraviglia della notte precedente è svanita.
Siamo pronti per tornare!
Foto fantastiche!
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