Con le mutande bagnate #1

Maratonina di  Verona,  31/10/2004

Non è la mia prima gara, ma c’è comunque qualcosa di nuovo.  Piove.

Troviamo un parcheggio coperto e comincio a fare riscaldamento qui.  Come sarà correre per 21 chilometri e rotti sotto la pioggia?  Ce la farò?

Non mi salta in mente nemmeno per un momento di rinunciare.  Come lo fanno gli altri lo farò anche io.  Sono molto determinata, una determinazione che ho scoperto di possedere da quando ho cominciato a correre.

Di rinunciare non se ne parla, ma sono assillata da mille dubbi.  E’ il caso di usare un k-way?  Ma, in questa eventualità, dove lo attacco il pettorale?  Dopo vari tentennamenti decido di tenere solo la maglietta tecnica con le maniche lunghe.

Finiti i preparativi, i miei accompagnatori mi scortano in piazza Brà e poi si mescolano al pubblico.  Noi concorrenti siamo stipati uno contro l’altro e così ci teniamo asciutti e al caldo.

Poi lo speaker dà il via, l’adrenalina sale a mille e… niente, devo rimanere immobile mentre aspetto che il fiume di gente davanti a me faccia i primi passi.  Via via tutti i concorrenti passano sotto lo ‘start’ e cominciano la propria avventura.

La pioggia autunnale cade fine e per un pò mi sembra di correre tra una goccia e l’altra.  Sono ancora abbastanza asciutta.

Verso il decimo chilometro le cose mutano.  Altro che schivare le gocce, ora sono sotto un vero e proprio acquazzone!  Manca ancora tanto al traguardo, per il momento ho affrontato la parte più facile.  La pioggia cade incessante e ad ogni respiro mi bagno un nuovo centimetro quadrato di pelle, cosa che mina la mia concentrazione.

“Devo rimanere concentrata.  Davanti a me c’è ancora un sacco di strada e se perdo la concentrazione non riuscirò a percorrerla tutta.”

Abbasso lo sguardo e punto gli occhi ad un paio di metri davanti ai miei piedi.  Ho la sensazione di passare accanto alle vetrine sbarrate di una domenica mattina qualsiasi, ma non mi distraggo a guardare.  Percepisco in lontananza i vigili che fermano il traffico cittadino per farmi attraversare una strada principale.  Mi sembra che nelle auto incolonnate ci siano persone sull’orlo di una crisi di nervi, ma non ci bado.  Esisto solo io e il mio mondo.  Oggi è un mondo bagnato.  Cerco di non pensare ai vestiti gocciolanti e appiccicati alla mia pelle.  Cerco di non pensare alla loro pesantezza, all’inevitabile sfregamento che mi procurano nei punti più delicati.  Cerco di non pensare alla pioggia che mi sferza il viso e mi impedisce di respirare e vedere bene.  Abbasso la visiera del cappellino -che indosso sempre- per evitare quest’ultimo problema.  Non avrei mai pensato che un cappellino da baseball potesse essere così efficace contro la pioggia!  E, mentre mi distraggo pensando al cappello, piombo con entrambi i piedi in un’enorme pozzanghera.

Ecco, ci mancava solo questa…  1I piedi interamente a mollo, l’impressione che le scarpe non mi sorreggano più e un fastidiosissimo ‘squeck squeck’ che accompagna ogni mio passo!  Cosa può esserci di peggio?

La risposta arriva poco dopo.  Passo dopo passo, minuto dopo minuto, mi sono bagnata sempre di più.  Ora ho pure le mutande completamente zuppe!  Adesso sì che posso dire di essere totalmente, definitivamente e irrimediabilmente fradicia!

 

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