In un momento in cui la maggior parte delle persone trascorre ore e ore in coda per farsi fare il tampone, io sono riuscita a farne uno senza attendere un solo minuto.

Come una vera principessa, sono salita sulla carrozza che mi ha portato direttamente laddove non ti fanno entrare senza infilarti un cotton fioc nel naso.

Si dice che nella vita bisogna provare tutto (o quasi) e un viaggio in ambulanza in effetti mi mancava. Mi mancava anche il tampone, non avevo ancora avuto modo di farne uno. Non che ci tenessi particolarmente, ma data la situazione mi aspettavo di doverlo fare prima o poi.

Sensazione strana quella di viaggiare sdraiati con la testa rivolta verso il senso di marcia. Per di più ogni curva, ogni dosso e ogni buca si sentono molto amplificati. Avevo l’impressione di venire sbalzata fuori dalla barella, anche se probabilmente ci ero legata saldamente. Non ricordo molto bene. Però riconoscevo ogni curva, ogni buca, ogni dosso. Sapevo esattamente dove mi trovavo, pur non vedendo nulla. Dalla mia c’è che conosco benissimo i sei chilometri che separano casa mia dal paese (e quindi anche dall’ospedale). Li percorro almeno quattro volte al giorno. No, non per andare in ospedale, ma il paese è piccolo e la strada è una.

È incredibile la fiducia che si prova in quei momenti. Una cosa del tipo “ora sono in buone mani e tutto andrà bene”. Tutto è andato bene, sì, se si esclude il fatto che l’esito del cotton fioc infilato nel naso fosse positivo. E chi se lo aspettava?