Primavera / Estate 2018
Agli ultimi colloqui, la maestra di Faccio-io -mezzano della scuola materna- ci consiglia caldamente di iscriverlo a qualche tipo di sport durante il prossimo e ultimo anno di asilo. In effetti abbiamo notato anche noi che Faccio-io diventa tendenzialmente più nervoso se non si muove. Noi lo portiamo a fare passeggiate in montagna, ma evidentemente la cosa non basta.
Fare sport a 5 anni? Pensavo fosse un po’ presto, ma forse Faccio-io è pronto. Nel corso dell’estate mi informo. Scarto subito il nuoto perché so già che sarebbe un supplizio: per lui l’acqua si beve, si usa per la doccia e per lavarsi i denti. Altri utilizzi non sono concepibili. L’ultima volta che siamo andati al mare è entrato in acqua per bagnarsi timidamente i piedi il quattordicesimo giorno. Il giorno successivo tornavamo a casa.
Scarto anche gli sport individuali perché, figlio unico con un carattere egemone, ha bisogno di imparare la collaborazione e la cooperazione. Nel Paese, gli sport di squadra disponibili sono calcio, pallacanestro e pallavolo. La pallavolo viene proposta dai sei anni in su, quindi rimangono calcio e basket. Facciamo scegliere a lui. Considerando che sono mesi che all’asilo non fa altro che giocare a pallone, pensiamo che la scelta sia scontata. Invece no. La prima volta che glielo chiedo decreta: pallacanestro!
Passa agosto e passano le vacanze. Per lui, probabilmente, è come se fosse passata una vita intera. Riformulo la domanda:
– Ti piacerebbe provare a fare un gioco di squadra con la palla insieme a bambini della tua età?
– Sì!
Risposta scontata.
– Qui al Paese c’è il calcio o la pallacanestro, cosa ti piacerebbe fare?
– Il basket, te l’ho già detto, no?
Eh già, effettivamente…
Mi stupisce sempre la sua coerenza. E la sua decisione. Io sono sicura di aver cominciato a vivere nel mondo reale a undici anni, quando ho messo piede in prima media. Prima, boh, le cose accadevano e contaminavano leggermente il mio mondo incantato.
Autunno 2018
L’ultimo sabato pomeriggio di settembre portiamo Faccio-io all’open-day di pallacanestro. Ormai vanno di moda gli “open-day”. Una volta credo si chiamassero “presentazione”. E forse nemmeno li facevano. Dettagli.
Ci sono un sacco di bambini, più o meno dai sei ai dieci anni. Lui sembra essere l’unico così piccolo. In palestra fa un caldo estivo e perfino noi che siamo seduti sulle gradinate sudiamo copiosamente. In campo dev’essere anche peggio. Le due giovani allenatrici propongono esercizi e giochi, giochi ed esercizi. Passa un’ora, ne passano due. Faccio-io fa tutto quello che viene proposto e non dà segni di cedimento. Alla fine cediamo noi e andiamo a tirarlo fuori. Nonostante sia paonazzo e grondante si lamenta perché vorrebbe continuare.
– Non preoccuparti, la settimana prossima hai due lezioni di prova. Veniamo ancora. Ma ti è piaciuto?
Ma, alle volte, le domande dei genitori??!
– Sìììì!!!
E si addormenta in macchina.
Trascorre anche la settimana di prova e Faccio-io rimane della sua opinione. Vuole giocare a pallacanestro. Gli unici incerti eravamo noi, evidentemente. Bene, diamo il via alla fase di iscrizione. Mentre trascorrono le prime settimane provvedo a consegnare il modulo di iscrizione, al pagamento della quota, alla visita medica.
Poi mi chiedono la carta d’identità. Scusa, cosa? La carta d’identità per un bambino di 5 anni? E per farlo giocare a basket? In realtà scopro che è obbligatoria a partire dai sei mesi. E dire che per iscriverlo a scuola non serve! Provvediamo quindi a fare anche la carta d’identità, che comporta fototessera, Comune, firme e attesa. Una volta arrivata e consegnata copia in segreteria, penso che le formalità siano finite. Eh no! E la nuovissima legge sulla privacy dove la mettiamo? Un pomeriggio vengo bloccata dalla vice-allenatrice che mi chiede due firme per la privacy. Mi scappa una domanda retorica:
– Ovviamente firmo io, giusto?
– No, no! Deve firmare l’atleta!
– Scusa, abbi pazienza, ha cinque anni, sta facendo l’ultimo anno di asilo, non sa scrivere!
– Beh, ma comunque sarebbe meglio che le firme le facesse lui.
– Sì, ho capito. Ma praticamente non è in grado di scrivere, la firma proprio non sa farla! Non dovrei firmare io che sono sua mamma?
– No, cerca di far fare uno scarabocchio a lui!
Lo vado a prendere mentre ha già in mano il pallone.
– Tesoro, metti giù la palla e vieni qui un attimo che dobbiamo fare una cosa importante. Devi scrivere il tuo nome su questo foglietto. Due volte!
– Ma io non sono capace!, – dice con la voce stridula di quando sta per scoppiare a piangere.
– Non preoccuparti, ti detto io le lettere.
E così, una lettera alla volta, scritta su un foglio appoggiato ad una panchina posizionata a bordo campo, sigla le sue prime due firme.
A fine ottobre grande festone di apertura della stagione. Tutti -e dico tutti- gli atleti del basket del Paese sono in palestra a presentarsi al pubblico di genitori. Più di cento ragazzi/e dai cinque ai -più o meno- venticinque anni. Pulcini-scoiattoli-aquilotti del minibasket, esordienti, under (13-16-18 o giù di lì) e poi le due squadre di punta, la maschile in prima categoria e la femminile in promozione. Una gran confusione di voci, gente, microfono che fischia, siparietto sponsor, spogliatoi sovraffollati, puzza d’urina e sudore, fischi, palloni che rimbalzano rumorosamente, neonati in platea che piangono, genitori che si alzano per vedere meglio i propri pupilli e che tolgono completamente la visuale a quelli dietro, caldo soffocante, sfilata delle squadre, foto di rito.
Il tutto preceduto, un’ora prima, dalla consegna delle divise ai nuovi iscritti. Consegna che avviene con incertezza e disordine da parte degli organizzatori, trepidazione ed eccitazione da quella dei bambini. Faccio-io trotterella tutto contento verso lo spogliatoio maschile col suo pacchetto in mano. Apriamo il pacco e
– Quattro e sette. Che numero è?
– Quarantasette.
– Quarantasette?
– Sì.
La cosa non lo convince a pieno. Comunque si cambia e con la divisa enorme, che evidentemente deve durare qualche anno, va in campo. Noi andiamo sugli spalti e da lì vediamo che ai nuovi iscritti vengono consegnate altre divise. Errata corrige?
Alla fine di tutta la serata Faccio-io mi corre incontro traboccante di felicità:
– Guarda, mamma, sono il numero cinque, come i miei anni!
Adesso sì che tutto torna! E adesso sì che è veramente soddisfatto della sua divisa. La cosa difficile sarà fargli capire che l’anno prossimo non gli daranno il numero 6…

Bravo bimbo con le idee ben chiare
"Mi piace"Piace a 1 persona
Davvero!
"Mi piace""Mi piace"
Bravissimi: Faccio Io per la determinazione e la mamma per la pazienza 😉 Un saluto!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie! In realtà mi sono divertita molto anche io, durante quest’anno, e i piccoli inconvenienti iniziali hanno fatto parte del gioco;))
Un saluto anche a te!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Bimbo in gamba con madre analoga 😄
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie, sei molto gentile!
"Mi piace""Mi piace"
È vero vero 😊
"Mi piace"Piace a 1 persona
Pingback: Il 5 e il 6 – Attorno al Lago