Se dovessi sognare

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© Attorno al lago
20/08/2018

Se dovessi sognare, sognerei una stalla abbandonata su un alpeggio a 2000 metri di quota.  Poco distante un piccolo gruppo di abeti, ma non troppi.  E una strada sterrata.

Se dovessi sognare, sognerei di sistemare quelle quattro mura cadenti e ne farei un’abitazione in legno chiaro di cirmolo.  Una stube bianca con lievi decori geometrici e piumoni bianchi nelle camere da letto per l’inverno.  Una sedia a dondolo per cullare i pensieri.  E tendine bianche e rosse alle finestre.

Se dovessi sognare, sognerei una panca posizionata fuori dall’ingresso, dove poter guardare il cielo stellato.  Un brivido mi coglie all’idea di cosa si possa vedere in quel cielo.  Ogni sera, prima di addormentarmi, passerei un quarto d’ora seduta su quella panca a contemplare la volta celeste.  E nei giorni di luna piena potrei scorgere la linea sottile delle montagne di roccia chiara che abbracciano, come un padre severo ma accogliente, la mia casa.

Se volessi sognare, sognerei di lasciare parenti, amici e lavoro per risiedere in questo maso con la mia piccola famiglia.  Lontano da suoni artificiali le nostre orecchie si abituerebbero ad ascoltare il frinire di migliaia di grilli, il suono del vento in tutte le sue forme, il richiamo dei rapaci, il muggito dei bovini al pascolo e la pioggia incontaminata che non può toccare ostacoli artificiali.

Se volessi sognare, sognerei di allevare degli animali.  Non molti, per la verità, qualche coniglio e forse delle piccole capre.  Magari delle api.  Avrei un orto per il nostro sostentamento e non mi peserebbe lavorare la terra, perché produrrei una ricchezza concreta.  Potrei anche sognare di fare il fieno, arrostendomi con la forca sotto il sole e lo farei serenamente perché non sarebbe un prezzo troppo alto per vivere in paradiso.  Profumerei la mia casa con un paio di secchi di fieno e qualche pigna di pino mugo.

Se volessi sognare, sognerei tutto questo.  Non ho mai sognato perché non avevo sogni da sognare.  Durante tutta la mia vita, la via che dovevo seguire -per sopravvivere- mi è sempre stata molto chiara.  I pochi sogni di bambina mi sembravano sciocchi e irraggiungibili e quelli un pò più raggiungibili li scartavo per il terrore di dover fare scelte che richiedevano molto impegno, poche certezze e qualche rischio.  Davanti a me vedevo una via comoda e meno incerta, meno rischiosa.  E l’ho imboccata.

Ora invece mi trovo a covare questa piccola idea come fosse un embrione delicato che va protetto e fatto crescere.  Cullo questa piccola idea come fosse una figlia appena nata.  Tengo accesa questa piccola idea come una fiammella e la uso per illuminare i momenti di angoscia e sconforto.

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© Attorno al lago

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