Giorno 1

Quest’anno le nostre vacanze sono partite subito al massimo. Niente riposo, anche se ammetto che stamattina avrei preferito starmene nel letto ancora un po’.
L’idea è quella di prepararci adeguatamente per quando partiremo per la montagna. Per me recuperare fiato e forma non sarà un’impresa facile, ma se non ci provo adesso, non vedo quando potrei farlo.
Ieri sera abbiamo preparato gli zaini, stamattina i panini e poi via, dopo una quindicina di chilometri abbiamo lasciato l’auto in val di Sur, presso la località Verghere (550 m).
Ho pensato che per questa prima escursione fosse saggio rispolverare i bastoncini per cercare di evitare danni alle ginocchia proprio alla prima uscita. Così, zaini a spalle, ci siamo inerpicati sul sentiero a noi ben noto che costeggia, per il primo tratto, il torrente Barbarano. Qui il rumore dell’acqua è assordante e accompagna questa vecchia mulattiera che attraversa in più punti il torrente. Un tempo questa mulattiera doveva essere totalmente lastricata. Si notano ancora tratti ben conservati, con le pietre posizionate con ordine e su cui si possono scoprire, in alcuni punti, i solchi lasciati dal ripetuto passaggio di carri. Per il resto, però, il sentiero è occupato da sassi e pietroni smossi, franati e rotolati per le pioggie, le inondazioni, l’incuria e l’inutilizzo. La salita procede lenta e con fatica, ma la valle è totalmente ombreggiata e percorsa da una piacevole brezza, un’ottima scelta per un’escursione in pieno agosto. A tre quarti della salita ci siamo fermati per mangiare con avidità il nostro panino e poi abbiamo raggiunto il passo dello Spino (1184 m) prima e il rifugio Pirlo allo Spino (1165 m) poi.
Il tempo di una bibita fresca e un caffè (nero e bollente) e siamo ripartiti in direzione di casa. Nonostante la quasi totale ombreggiatura del sentiero, non appena abbiamo raggiunto il torrente mi sono fermata, ho buttato a terra zaino e bastoncini e poi mi sono sciacquata la faccia con quell’acqua gelida e cristallina. Non credo che ci possa essere nulla di più appagante di un panino quando si ha fame, di un sorso d’acqua quando si ha sete e di acqua gelida quando si ha caldo! Poco più sotto, mentre il ruscello si ingrossa e salta di pietra in pietra, c’è venuto in mente che potevamo osare di più. Tolti scarponi e calzettoni abbiamo improvvisato un rigenerante pediluvio della durata di una manciata di secondi, tutti quelli che siamo riusciti a resistere prima che il dolore dovuto a quel ghiaccio sciolto fosse insopportabile.
A proposito di dolore, con mio sommo disappunto dopo la sosta pediluvio ho cominciato a sentire male al ginocchio destro. All’inizio niente di insopportabile, ma a poche decine di metri dall’auto non riuscivo quasi più a piegarlo. Così, appena tornati a casa, mentre gli uomini facevano la doccia io mi sono messa in sella alla bicicletta per fare un giretto di defaticamento. In effetti, diversi anni fa, l’ortopedico mi aveva detto che avrei dovuto cercare di allungare il quadricipite (con la bicicletta e la piscina) per mantenere in asse la rotula. Cosa che ovviamente non ho più fatto da mesi. E infatti i risultati si son visti subito.
Ho trascorso una giornata meravigliosa con la testa abbastanza sgombra dai pensieri, come non succedeva da mesi.
Dalla finestra della camera da letto vedo quello che dovrebbe essere il nostro prossimo obiettivo. O se proprio non il prossimo, l’obiettivo finale di questa estate: salire al monte Pizzocolo (1581 m) partendo sempre dalle Verghere. Un progetto ambizioso per il mio stato attuale di forma, ma spero che il ginocchio regga all’idea dei mille metri di dislivello e non si metta a fare sciopero da domani!

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