All’imbrunire

all'imbrunire
©attornoallago
23/06/2019

Tante volte, in tutti questi anni, mi sono ritrovata qua fuori la domenica sera.  Come oggi.  Seduta fuori casa a scrutare l’orizzonte.  A volte con un bicchiere in mano, a volte con una sigaretta.  Una delle poche della mia vita.

Seduta sul gradino del marciapiede guardo l’orizzonte soffiando via le nuvole dal cielo o sorseggiando le infinite tonalità dell’azzurro, come se questo assurdo rituale possa in qualche modo allontanare la settimana lavorativa incombente.

Nonostante tutto -qualsiasi sia il rituale, qualsiasi sia il mio umore- anche questa domenica finirà.  E anche se non serve a niente periodicamente mi ritrovo qui, nella speranza di cogliere e poi custodire il più a lungo possibile l’essenza di questo momento.  Il placarsi del caldo, dei rumori artificiali, della luce accecante.  E dall’altra parte cominciare a percepire la melodia della natura che pian pianino aumenta di volume e diventa una presenza importante.  Il gracidare delle rane, il frinire dei grilli, i rapaci che lanciano grida acute, il gracchiare dei corvi che scorrazzano nei campi di frumento, gli altri uccelli che cantano salutando il giorno ormai finito, le fusa della mia gatta che ha l’abitudine di venirmi a trovare quando sto seduta qui, fermandosi un poco accanto a me.  Pelo contro pelle.  Lei sembra approvare questa mia attività (una volta tanto me ne sto per terra, in silenzio e quasi immobile) e scruta con me il suo orizzonte: il fondo del giardino.

Il ronzio cupo e distante del traffico che lascia il lago -sembra un fiume in piena che sta per rompere gli argini- si percepisce solo quando le rane smettono di gracidare.  La brezza che viene dalla valle s’alza portando qualche brivido e intanto la luce si spegne progressivamente e inesorabilmente, oscurando il mio quaderno e determinando quali debbano essere le ultime parole scritte.

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